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niva in questa atmosfera di poesia; e per la prima volta il proprietario vide sul letto di ferro, coperto da una coltre di seta canarina scolorita, il poeta che sognava, il poeta che moriva.

Il visitatore riprese a parlare quando finalmente furono nella stanza di fronte alla camera da letto: ampia, anche questa, con le finestre che ripetevano il quadro, la luce, i colori del tramonto sul giardino.

— E questo era il suo studio: e qui resta davvero l’alito della sua vita. Poichè non è nella cucina o nella sala da pranzo, e neppure nella camera da letto, vi sia pur egli nato e morto, che l’artista vive e muore: è nella stanza dove egli ha creato le sue opere.

— Gli scaffali sono ancora quelli, — disse poi, toccandone le mensole, come per assicurarsi che non s’ingannava; — legno solido, di rovere: lo scrittoio è lo stesso, semplice e nudo, coi quattro cassetti dove egli riponeva i suoi manoscritti. L’ordine più perfetto regnava intorno; l’ordine, segno del vero genio. E quando egli lavorava, il poeta, voleva il silenzio nella sua casa: forse per questo non si è creato una famiglia. Solo, con la sua arte. Eppure, — aggiunse il visitatore, che si era seduto davanti allo scrittoio e appoggiandovi i gomiti reclinava il viso fra le mani, — l’amore riempì la sua vita, dal primo all’ultimo giorno: amore per tutto e per tutti,