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LA LEGGENDA DI APRILE
Dei figli dell’Anno, Aprile era il più bello, alto, già, e nervosamente robusto, sebbene ancora in crescenza, come gli snelli abeti giovani delle radure del bosco. Bonaccione, anche, laborioso e innocente, coltivava, col padre, i campi e i frutteti tutti in fiore, e gli orti dove la tenera freschezza degli erbaggi era tale che neppure le farfalle, per non sciuparli, li sfioravano. La madre lo adorava: gli altri figli erano lontani e, aspettandone il ritorno, ella viveva solo della presenza di questo suo diletto fanciullo: tale, almeno, ella lo considerava ancora, sebbene Aprile la sopravanzasse di tutta la testa.
La loro casa era sul margine fra le terre coltivate e l’abetaia che s’inerpicava sui monti: casa comoda, sebbene contadinesca, dove tutti lavoravano e quindi nulla mancava.
Ma un giorno un velo d’ombra vi si diffuse. Aprile, dopo essere stato a messa nel villaggio, era tornato pallido e con le carni fredde come