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La gioia di lei era tale che concedeva perdono anche al gobbo velenoso.

Ma quando il grido delle tacchine in amore e il muggito tonante dei tori salutarono il sorgere del sole, un urlo di terrore scompose la maestà dell’ora.

Rachele si buttò giù dal letto, aprì la finestra, e davanti a lei, mentre di sotto la contadina chiamava aiuto, vide il cadavere del portalettere, investito dai raggi diamantini del sole, pendere da un ramo del gelso: e vi si dondolava come uno di quei gobbini d’argento che le donne tengono attaccati alle loro catenelle in segno di buona fortuna.