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che egli era per l’eternità scacciato dal paradiso terrestre dell’amore, gli mutò il sangue in veleno.
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Prima di arrivare alla fattoria, che sorgeva allo sbocco del lungo viottolo, nascose la lettera fra i giornali; poi penetrò di furia, per il portone sempre spalancato, nella grande aia che precedeva la casa colonica. E proprio nella porta d’ingresso, come nella cornice di un quadro, gli appare la figura bruna e rosea di Rachele. Alle sue spalle s’intravedeva una tavola con panieri di grosse pesche di un nero rossiccio peloso e l’ombelico verde, e in fondo alla stanza un’altra porta con un festone di vite dal quale pendevano grappoli duri brillanti come stalattiti.
Si sentiva un grande mugghiare di bovi nel fitto del podere, e tutto intorno, dalle tacchine con la testa d’argento e la gala rosa della gola, ai grossi galli di fiamma i cui bargigli di scarlatto e la cresta grassa schizzavano lussuria, tutto denotava l’opulenza del luogo.
— C’è il giornale — disse il gobbo, fermandosi, con un piede giù dalla bicicletta.
Senza rispondere, la ragazza tese la mano per prendere Il Sole.
Il gobbo guardava come gli uccelli, con uno