Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/40


— 34 —

*

Così divenni e sono ancora amica della natura. Quando dopo i giorni di arsura innaffio le piante e i cespugli, le foglie mi sorridono, grate del benefizio. Sorridono, col loro scintillare, come scintillano le pupille degli uomini nei momenti di gioia; ed io sento che non è un riflesso esterno, un effetto dell’acqua; è lo spirito della terra che ringrazia. Allora provo quasi un senso di voluttà panica nel rendere felici le piante assetate: ho l’impressione che lo zampillo dell’acqua sgorghi dalle mie dita e che un ponte di perle mi unisca alla bellezza della natura: l’arancio, promessa di vita, il crisantemo, promessa di morte, il rosaio e la vite, che rallegrano e destano le illusioni dell’uomo, s’inghirlandano di luce, a mia volontà, come sotto la pioggia del buon Dio.

E quando Dio, dimentico o irato, manda la lunga siccità, io lo sostituisco, nel mio giardino; penso però che l’acqua della fontana è ancora quella creata da Lui, e dopo aver dissetato la terra stendo la mano fangosa per lavarla sotto lo zampillo corrente; l’acqua sobbalza, e una croce di perle giunge a solcare e ribenedire il mio viso inaridito dalla siccità della vita.