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Un senso di terrore mi preme contro il ragazzo che dunque è come uno strumento che suona il mio patire; e mi pare di essere un’appestata che comunica il suo male alle persone intorno. Ma da questa profondità di miseria, piano piano risalgo, mi ritrovo a galla, riapro gli occhi salati di lagrime come quelli del naufrago, e rivedo la terra della speranza: bisogna farsi forza e cercare di guarire per guarire gli altri.
— Fausto, — dico tranquilla, — qual è l’oggetto che hai più caro?
Come il pugno che si dà sulle spalle al bambino che ha il singhiozzo, per farglielo cessare, quella domanda colpisce e distrae il ragazzo in modo da far tacere il suo male. Solleva la testa e pensa.
— Tutti gli oggetti che possiedo mi sono egualmente cari. Perchè?
— Pensa ad uno di essi.
— Ma perchè? Che t’importa?
— Te lo dirò poi. Pensa a uno di essi.
— L’orologio a bracciale — suggerisce Billa che è scivolata dall’albero e fa le smorfie alla sua ombra.
— L’orologio a bracciale — egli ripete, suggestionato.