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Passa un giorno passa l’altro, la mamma guarì e ritornò nella sua casa; ma nei primi tempi era ancora debole, e i dottori le ordinavano di non pensare alle cure domestiche: si venne quindi ad un accordo: la bambina, già quasi fanciulla, avrebbe diviso il suo tempo fra la casa paterna e quella adottiva, con intermezzi piacevoli nelle dimore delle altre due madri putative.

E ancora si vive in questo stato, sebbene la madre vera sia perfettamente guarita e ogni tanto accampi la legittima pretesa di riavere tutta per sè la sua figliuola. Si fa presto a dire di volere tutta per sè una ragazza di dodici anni che, accarezzata di qua, accarezzata di là, strillata di qua, strillata di là, con promesse di testamenti e minacce di busse, regali quotidiani e necessità dei suoi piccoli servizî, e sopra tutto manifestazioni di amore sincero e generale, non sa da qual parte voltarsi.

Domani. Domani ella tornerà definitivamente nella paterna dimora: se pure non andrà, per un mese, nella casa di campagna della zia o nella villetta a mare dell’altra zia.

Per questo non c’è da preoccuparsi; case, nel mondo, ne troverà sempre, come l’uccello per il quale tutti i rami son buoni. E, una volta messo il piede in queste abitazioni, la padrona sarà sempre lei: gli angoli più ignorati, gli oggetti più nascosti li scoverà lei.

Domani: per oggi è qui; e sulla nostra porta