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l’organino che attacca con violenta esultanza l’inno Giovinezza; o la voce pastosa del portalettere che risona da una strada all’altra e fa battere il cuore anche ai vecchi pensionati e alla gente che non aspetta più nulla dalla vita.

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La parola «villaggio» non offenderà dunque i pescicani, le aviatrici, i divi, e tutti i modernissimi abitanti dei palazzi intorno a noi. Il nostro quartiere è sempre quello piccolo che ci siamo costruiti noi coi nostri risparmi; nostri i giardinetti con le fontane non più grandi di una coppa per sciampagna; nostri i negozietti sotterra, con le scalette precipitose; nostra la luna che sorge dai monti Albani ed è sempre quella della nostra fanciullezza.

Via Porto Maurizio è ancora l’arteria che, dopo via Forlì, dà lustro al quartiere; da questo quieto porto noi, del resto, siamo un bel giorno salpati, come avventurosi stracittadini, verso i mari gelati e le metropoli scintillanti ai confini della terra abitata; da esso, un altro bel giorno, in una barca d’ebano decorata d’oro e lieta di ghirlande di rose, salperemo verso il paese dei cipressi, che ci sembra qui limitrofo, ed è invece oltre i confini della terra.