Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 241 — |
ste domande, ma il suo cuore smarrito. Egli però si rideva del suo cuore: e vi battè sopra il pugno che prima aveva percosso le pareti.
— Toh, voglio proprio dormire in camera nostra.
Fu di nuovo in piedi, sentì fuori uno scroscio di pioggia e rabbrividì come un bambino. Ma c’era rimedio anche a quello: riaprì la valigia e ne trasse la fiaschetta del cognac.
*
La loro camera era al piano di sopra: ancor prima di aprire l’uscio, egli la rivide, grande, rustica, ma pulita come la sala di un palazzo, col pavimento di mattoni rossi spruzzato d’acqua, il letto soffice di piumini che odoravano ancora di uccello.
E anche adesso aprì con l’istintivo far silenzioso di un tempo. Ella è là che dorme il sonno d’oro delle notti dopo le lunghe giornate di fatica; dorme rannicchiata, coi pugni stretti accanto al viso; un sonno fondo e innocente che non bisogna turbare...
Il tanfo di chiuso, di umido, l’odore delle piume andate a male, lo tolse dal suo vaneggiamento: fu per ridiscendere, ma ancora una volta si fece coraggio: avanzò, con la stearica che gli