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della testa della morta, piegata sul braccio appoggiato alla tavola come se ella dormisse.
Un uomo balzò su, lungo e grigio, dall’ombra sotto lo spiazzo, e la sua voce parve lampeggiare.
— Zia? Zia Concetta? Ma che è successo? Ma perchè?
Quel perchè, gridato sul corpo della suora, e diretto a lei quasi con la certezza esasperata di ottenere risposta, colpì in pieno don Felis. Perchè la donna era morta? Egli lo sapeva: egli solo poteva rispondere: ma non trovava le parole.
*
Adesso la donna giace sul lettuccio duro e bianco come un sarcofago, lo stesso sul quale il corpo di lui si è, fino a quella sera, disteso come un tronco morto trasportato dalla corrente nel fondo fangoso di un fiume.
Un cero simile a un giunco con un fiore giallo in cima, acceso dalla pietà di Lisendra, illumina il viso d’avorio della morta: al tremolìo della fiammella le grandi palpebre, abbassate sul vuoto degli occhi, par che si muovano, e danno un’aria di sonno infantile a quel viso composto e raccolto nel suo cappuccio di neve.
In fondo alla cameretta don Felis, seduto grave e pesante, ma non piegato nè avvilito, guarda la misteriosa figura, e si accorge che la donna era