Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 214 — |
vita sembrava un frate; ma la testa era avvolta in un fazzoletto che pareva un cappuccio bianco; tanto che, arrivata all’orlo del ciglione, alta sullo sfondo rosa e arancione del cielo, la grande figura diede a don Felis l’impressione di una guglia di monte con la cima profilata di neve.
— È una donna: è una suora cieca. Come diavolo ha fatto ad arrampicarsi fin quassù? — egli si domandò.
E gli parve che un senso di mistero lo avvolgesse; o piuttosto ebbe una raccapricciante sensazione fisica, come se un ragno gli sfiorasse il viso tessendovi su la sua tela bigia.
*
La suora si avanzava dritta verso la tavola, e chiamava sottovoce:
— Alessandra? Alessandra?
Rispose don Felis:
— Lisendra è di là, nella cucina. Che volete?
Ma la suora non ebbe il tempo di rispondergli che già Lisendra era apparsa e col suo riso muto tentava di persuadere l’uomo a non impressionarsi per l’insolita apparizione.
— Sono qui, sora Cetta: come mai è arrivata fin qui, sola?
La suora, che era una donna ancora possente, e nella linea dritta e dura ricordava a don