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un confessore, l’uomo della scienza interrogò il nuovo cliente.
Erano quasi al buio, e solo la sagoma barbuta del dottore risaltava in un triangolo di luce violetta: ma fossero pure stati nel grande sole del campo di fave di Lisendra, don Felis avrebbe risposto lo stesso, ripagando con la sua, l’indifferenza dell’altro.
— Divertito mi sono, certamente, come del resto ci si può divertire in paesi piccoli come il mio. Ho anche studiato, già, ma dopo la morte di mio padre...
— Mi parli di suo padre.
Su questo punto don Felis non intendeva dare ragguagli. Aggrottò le fiere sopracciglia e rispose secco:
— Mio padre era un galantuomo. Credo non abbia conosciuto altra donna che mia madre. È morto giovane, di carbonchio mal curato. Era un uomo ricco e rispettato.
Poi riprese in tono minore:
— Facevo la seconda liceale quando fui costretto a tornare a casa perchè, unico maschio della famiglia, dovevo aiutare mia madre nell’azienda domestica. O, per dire la verità, troncai gli studi perchè non avevo voglia di proseguirli. E allora cosa si fa? Si sorvegliano le campagne, si comandano i servi, si lavora anche noi; e l’unico svago sono le donne. Troppo mi sono piaciute, le donne, tanto più che venivano loro da