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e i buoni padri profittano anch’essi della vacanza domenicale per sistemare economicamente i loro giardini. Sento che tutti guardano verso la nostra casa come io guardo l’orologio; per curiosità, per accorciare il tempo in attesa di qualche cosa di nuovo; ma io rispondo alla loro curiosità con l’impassibile battito del mio cuore rivolto a una cosa eterna che non può riguardarli. Non ho desiderio di conoscere nessuno, di farmi vedere da nessuno: anche gli oggetti della casa, adesso che sono al loro posto, non hanno più vita per me. Tutta la mia vita è in un punto solo, centrale; nell’attesa di lui.
Finalmente sono le cinque. Neppure l’orologio ha più vita per me, adesso, poichè l’ora è suonata. Adesso non esiste più che la mia attesa. Mi metto alla finestra e guardo la lontananza della strada come prima guardavo l’orologio: le persone che passano mi danno anch’esse l’impressione delle lancette che camminano una dietro l’altra e non si raggiungono mai.
Ecco mio padre coi ragazzi che tornano frettolosi per paura di aver fatto tardi: io ho rimorso di aver accorciato la loro passeggiata, ma il loro stesso affrettarsi mi dà un senso di malessere; un’ombra sorge dalla profondità dell’anima mia come un grido di civetta nel silenzio sereno della notte.
Nel vedermi sola alla finestra, i ragazzi si voltano a guardare se in fondo alla strada si