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Rifecero la strada che conduceva alla casa del padrone, lassù dove la pianura sconfinava con l’azzurro del cielo. Solo una donna, a metà strada, riconobbe il giovane signore ed uscì frettolosa dall’aia della sua fattoria per salutarlo. Era una ricca contadina, già anziana ma ancora fresca, rossa e bruna. Prima di tendere la mano al padrone se l’asciugò col grembiule, sebbene non fosse bagnata, e mentre lui gliela teneva entro la sua candida e quasi incorporea, ella, al solito, cominciò a lamentarsi:
— Tutto a me tocca a fare, nella mia casa e fuori; sono io che dirigo i lavori dei campi e tengo da conto i raccolti; mio marito ed i miei figli lavorano sì, anch’essi, ma pensano anche a spassarsela, a mangiar bene, a vestirsi con lusso, a frequentare le sagre e le fiere, a bere ed a fare all’amore. Io sola non mi prendo nessuno svago: il boccone più scarso e scondito è il mio; le mie vesti sono sempre le stesse. Eppure i miei uomini non riconoscono le mie virtù, anzi mi accusano di avarizia e a volte arrivano a maltrattarmi. Che ho da fare per contentarli?
Il padrone domandò:
— Sei tu contenta di te stessa?
— Oh, questo sì. Quando, la notte, stanca, vado a riposarmi e penso: ho fatto il mio do-