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— Lo sento; ma non mi pare che lei sia una donna di servizio.

— Dica governante, dama di compagnia, o quello che vuole: è lo stesso.

— Ma non si fugge così dalla casa dei padroni per quanto malvagi siano: ci si licenzia e si cerca un altro posto.

— Lei non può sapere: succedono tante cose nella vita, peggio che nei romanzi.

— Ho capito. Forse il padrone, o il padroncino, le faceva una corte spietata; e lei preferisce andarsene con un compagno più di suo genio.

— Lei non può sapere: e poi sono cose che non la riguardano.

— È vero: ma io, le ripeto, ho il dovere di non lasciarla qui sola. Può passare anche una guardia e domandarle la carta d’identità.

— Ce l’ho; ed anche il passaporto.

— Va bene; ma se la persona che lei aspetta non viene più, che farà lei qui?

— Aspetterò l’alba. C’è anche il mare laggiù.

Queste parole provocarono nell’uomo un pesante senso di freddo, come se la nebbia si addensasse tutta sopra di lui, stringendolo entro un sacco nero: non era forse il fantasma della sua prima sposa che gli stava davanti e gli parlava?

Come i ragazzi che cantano al buio per farsi coraggio, egli disse, con voce alta e ridente:

— Via, via, è meglio che aspetti l’alba, allora.