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La sua soddisfazione crebbe, anzi sbocciò in felicità grande, quando verso sera si vide arrivare d’improvviso il figlio Giuseppe.

Anche lui era felice, come del resto lo era stato sempre. Un sorriso d’angelo, rivolto a tutti ed a tutto, gli socchiudeva la lunga bocca sottile, sopra la quale un grande naso fino, dalle narici diafane, si protendeva a fiutare anch’esso di continuo qualche cosa che sapeva di buono. Gli occhi primaverili, poi, azzurri verdi lattei, erano ancora come la madre li aveva veduti al loro primo spalancarsi. E quando egli l’abbracciò, sebbene la stringesse forte con le sue lunghe braccia e le facesse sentire tutta l’asprezza del vestito militare, ella gli disse:

— Va là, mi sembri uno di quei soldatini di carta coi quali giocavi da ragazzo.

Per sembrarlo di più, egli si disarmò: aveva anche la rivoltella, lusso che un regalo del fratello gli aveva permesso; ed essendo carica, la mise sulla mensola alta della credenza; poi girò per la casa, fiutando l’odore del suo passato di ragazzo povero ma contento.

— La nostra fortuna non mi meraviglia, — diceva con calma alla madre, — e poi è appena cominciata. Io lo sapevo già che si sarebbe stati contenti. Siamo gente buona, che lavora, che fa