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Insorse però quando il marito, una domenica, nel pomeriggio, tornò a casa con la solita sbornia festiva già felicemente iniziata, e un terzo canarino nel pugno.

— Adesso mi combini l’arca di Noè in casa, vecchio Pin rimbambito!

Per calmarla egli trasse dalla tasca del vestito nuovo una manciata di castagne secche, e gliele offrì.

— Ti compatisco perchè sei nello stato che sei — ella inveì, rifiutando il dono. — Ti sei dimenticato che i denti, tu ed io, li abbiamo perduti per la seconda volta.

Egli non rispondeva mai ai continui brontolìi di lei: uscì piuttosto nel portico, e fece per mettere dentro la gabbia il terzo canarino; ma con profondo ansito si accorse che il cancelletto della pagoda era aperto e Cecè assente. La femmina se ne stava in un cantuccio, non spaurita, ma neppure vispa come al solito: pareva aspettasse il ritorno del compagno; e non si mosse per l’arrivo dell’ospite, anzi non diede segno di vederlo. Non era lui, la cui sola presenza poteva consolarla.

All’uomo, intanto, si era di un colpo snebbiato il cervello: urlò, chiamando la moglie, e, alle proteste ironiche e quasi contente di lei, s’inferocì.

Da troppo tempo ella rosicchiava la sua pazienza, non per i canarini soltanto, ma per tutte