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l’avevano perduta nel pozzo dell’amore: ma quando giunsero, i giovinotti le riconobbero dai loro vestiti».

I miei vestiti sono lì, nascosti dietro l’acqua dello specchio; sono lì, senza vita per l’ansia dell’attesa, pronti a gonfiarsi e svolazzare di gioia appena egli arriva. Egli li conosce tutti; ed io li tocco con religione, uno ad uno, perchè hanno vissuto con lui: sopratutto mi piace questo che è a capofila della marcia immobile dentro l’armadio, questo di crespo verde-rosato, che ricorda il corrugarsi del mare al tramonto: lo indossavo ieri, quando siamo saliti sulla terrazza, quando ci si è seduti sul ciglione: ancora odora di fieno, ancora lo vedo illuminarsi e risplendere al riflesso del fuoco sopra i canneti della valle.

Anche i cappelli sono a posto, nelle loro nicchie dell’altro reparto dell’armadio; e le scarpette, accanto alle mie quelle di Billa, anch’esse sembrano sorelle.

Nei cassetti del comò ecco disposto il mio modesto corredo: in quelli di sopra la roba per l’estate, in quelli giù la roba per l’inverno. Che accadrà da adesso all’inverno? Quando ti indossavo ancora, bianca maglia che sembri una corazza di velluto, buona contro gli assalti crudeli della tramontana, il mondo era per me un caos perchè ancora non conoscevo il mio fidanzato. Me lo ha portato aprile, coi venti fecondi, come portava i pollini alla terra: e la vita s’è schiusa