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giante e vinto delle ciabatte povere che aspettano.
— Vedi che ho da fare? E di’ al tuo signorino che queste scarpe le può mettere benissimo ancora: verrà un giorno in cui andrà anche lui scalzo, a faticare coi contadini e i lavoratori dei porti, e si bacerà il gomito se avrà la sua razione di pane e il suo rifugio per la notte.
— E noi, sor Pio?
Egli non risponde: probabilmente neppure lui sa dove si andrà a finire.
*
Infatti adesso i tempi sono cambiati. Le serve della contrada diminuite di numero; diminuiti i quattrini, le chiacchiere, ed anche le scarpe da aggiustare: e queste terribilmente devastate.
Anche quelle del signorino, portate senza tanti involgimenti dalle ruvide mani della sora Concetta, faccendiera di tutto il quartiere, hanno i tacchi ben consumati e una spaccatura fra le rughe del tomaio.
— Che la pezza non si veda, mi raccomando — dice la donna con la sua voce da ubbriacona.
Il sor Pio guarda con pietà le scarpe: con pietà; eppure cupamente beffardo domanda:
— Che, deve andare a sposarsi, con queste calzature?