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calunnie; che tu possa morire questa notte, e l’anima tua reietta penetri nel corpo del tuo cavallo infernale».

Ebbene, — riprese il malato, ansando ancora al ricordo, — la stessa notte l’uomo morì: nella stalla si sentirono strepitare i cavalli, e quello che aveva provocato tanti guai fu il giorno dopo trovato gonfio e di un colore più nero del solito. Nessuno sapeva della mia maledizione; io solo, da quel giorno, mi trovo con questa davanti a Dio, che me ne chiede conto. Saranno superstizioni; ma la mia coscienza è diventata come un tumore maligno. Dopo la morte dell’uomo, quando il cavallo fu guarito del suo gonfiore, gli eredi stessi vennero ad offrirmelo: lo presi, e mio figlio lo portò a tutte le corse del circondario. Egli non sapeva che cavalcava un’anima in pena, e che un’altra anima in pena ero io, sempre pauroso che gli accadesse una disgrazia. Dopo la morte sua gloriosa, io tenni il cavallo per ricordo di lui, ma sopratutto per quella fissazione mia. Tante volte ho pensato di ammazzare la bestia, per liberarmene, ma non ne ho mai avuto il coraggio.

Il prete, con voce quasi ironica, tentò di rassicurare il vecchio.

— Il vostro peccato è sopra tutto di superstizione, di offesa a Dio. Se Dio si lasciasse convincere dalle maledizioni degli uomini, a quest’ora il mondo sarebbe distrutto: e il