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STORIA DI UN CAVALLO
In apparenza sembrava ancora giovane, nobilmente fermo sulle zampe, coi lunghi garetti sottili, tutto nero, lucido e grasso; ma bastava osservargli la bocca e gli occhi per indovinare la sua età: gli occhi erano appannati, violacei; e in bocca gli rimanevano sei denti gialli come fave secche. Eppure aveva ventiquattro anni.
— Ma ventiquattro anni, per un cavallo, e un cavallo che è stato anche da corsa, sono come i miei ottanta suonati. Con la differenza che io me la sgambetto ancora e faccio i miei bravi piccoli affari, mentre Fortunato vegeta, e gli viene l’asma solo a condurlo all’abbeveratoio.
Parlando così, il padrone esagerava: perchè, invece, l’ora più bella della sua lunga giornata di noia era per il vecchio cavallo appunto quella dell’abbeveratoio. E, a dire il vero, il padrone ce lo mandava più per fargli fare una passeggiata che per altro. La strada in pendio era sempre la stessa di un tempo, quando il figlio più giovane e avventuroso dell’ottuagenario la percorreva col