Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
due miracoli | 115 |
lato, come i paesaggi degli altipiani bittesi. Anche la casa di zia Batòra, la bella casa dai poggiuoli di legno, donde si vedeva l’altura e la chiesa del Miracolo che nei tramonti rosei di settembre parevano, così delineati nel nitido orizzonte, uno di quei paesaggi dipinti nello sfondo di qualche quadro sacro del Risorgimento, la bella casa, dunque, era spiritualmente vuota e triste, benchè ripiena di ogni grazia di Dio, vuota come l’anima della persona che l’abitava. Voi, o invisibile signora, a cui narro questa piccola storia, non potete sapere, non potete immaginare certe disgrazie tremende, certe desolazioni immense che non avete mai provato.
Sadurra1, la bella ed unica figlia di zia Batòra, s’era innamorata di un giovane povero, e di cattiva stirpe. Tutto l’essere altero di zia Batòra, che, oltre l’esser ricca apparteneva a quella classe aristocratica del popolo sardo, chiamata dei principali — gente potente e strapotente, che conserva qualcosa della boria spagnuola, talvolta più ricca e più nobile degli stessi cavalieri sardi, — s’era rivoltato contro quest’amore, che a lei sembrava quasi fuor di natura.
- ↑ Saturnina.