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don evèno | 105 |
— Sicurissimo.
— Cosa diavolo c’è? — pensò Fidele, mentre Mikela gli consegnava la lettera. E fece i soliti pensieri maligni.
— Io mi fido di te, Fidele — disse la ragazza sorridendo. — Non invano devi chiamarti così. Presto, presto va. È una cosa importantissima. È un piacere che non dimenticherò mai. Vedrai, vedrai...
Subito Fidele sellò la cavalla. Era commosso per la fiducia che Mikela gli accordava, e partendo era deciso di far tutto a dovere.
— Non avvicinarti alla cantoniera — gli ripeté Mikela. — Se t’incontri con zio, guai!
— Stia tranquilla; non mi avvicinerò!
Partì al galoppo. Allora entrambe le guancie di Mikela tornarono pallide, e un brivido le corse per tutta la persona.
Mandò le serve a lavare, e si rinchiuse in casa, decisa di non accendere il fuoco per quel giorno.
Si sedette nel cortile, trapuntando i polsi di una camicia, e il suo pensiero prese due direzioni, due vie diverse. Seguiva il passo tranquillo del cavallo di don Evéno, e il galoppo sfrenato della cavalla di Fidele. A momenti le pareva però che i