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don eveno | 103 |
— Vieni qui, con me, — ripetè essa. Egli la seguì, pensando che mai ella voleva dirgli. Traversarono la cucina, e poi salirono le scale, ancora un poco oscure. Fidele era salito sopra altre due o tre volte, e ogni volta aveva guardato con meraviglia la bella casa del padrone.
Le scale erano di marmo, e la luce pioveva dalle lunghe volte dipinte; un gran silenzio aristocratico regnava nella grigia penombra, e Fidele aveva paura di mettere i suoi grossi piedi sulle stuoje dei pianerottoli.
Mikela l’introdusse nella stanza da pranzo, e chiuse la porta di legno rosso lavorato.
— Cosa vuole? — domandò Fidele, entrando, pieno di meraviglia.
Mikela lo guardò bene in volto.
— Tu sai, oltre lo stradale c’è la strada vecchia che conduce al mio villaggio? — chiese rapidamente.
— Sissignora, — disse lui, guardandola anch’egli con fissazione. Vide che aveva una guancia pallida e una rossa, e pensò che doveva essersi coricata dal lato della guancia rossa.
— Tu, — esclamò Mikela, con vivacità, appoggiando forte le mani alla tavola quasi per dar più energia alle sue parole, — tu ci sei andato mai?