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98 | don eveno |
— Mikela? — chiamò don Evno. — Mikela, stai molto male?
E siccome essa non rispose, pensò con terrore, involontariamente, al vuoto che la fanciulla, morendo, avrebbe lasciato nella casa.
— Mikela, come stai? — Si chinò e le prese il polso. Benchè aggravata da un peso insuperabile e da visioni strane, Mikela si accorse che don Evéno le toglieva il fazzoletto.
— Zio... Evéno... non ho potuto... — mormorò. Forse accennava al fazzoletto.
— Cosa non hai potuto? — domandò egli con dolcezza.
Ma subito Mikela vide una processione, e dei cavalli che correvano dietro, pronti a calpestare le donne delle ultime file, e si spaventò.
— Date attenzione... sciocchi... Perchè? Non vedete la gente... San Mauro mio!... — gridò con angoscia.
— Sta male! — pensò don Evéno. Si sedette su uno sgabello di noce, vicino al divano, e posò la sua mano sulla fronte scottante di Mikela, guardando ai vetri leggermente rossi nell’ultimo crepuscolo. Poi suonò perché portassero il lume.
Per una settimana Mikela restò a let-