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don eveno | 89 |
sonaggio illustre, e sapeva fare i fatti suoi. Perciò, un anno dopo la morte di sua moglie, si accorse che le sue donne di servizio rubavano a man salva nella sua casa. Occorreva una nuova padrona; don Evéno non poteva occuparsi delle miserie domestiche, ma sentiva che alla fine queste miserie l’avrebbero rovinato, in persona delle serve.
Riammogliarsi? Don Evéno non ci pensò neppure. Sentiva un gran disprezzo per le donne, un infinito e odioso disprezzo.
Un giorno in cui seppe dal suo servo Fidele che una domestica indossava con disinvoltura le sue camicie e le sue calze, e che aveva venduto una quantità di vino, versando altrettanta acqua nella botte, don Evéno salì a cavallo e mancò due giorni.
Tornò portando in groppa una bella fanciulla pallida e bianca, vestita in costume, che si chiamava Mikela, ed era figlia di una povera sorella del dottore, maritata in un altro villaggio.
Subito la servitù di don Evéno seppe tutta la storia di Mickela. Era innamorata del maestro di scuola del suo paese, un giovine bello, biondo e sentimentale, che l’aveva già chiesta in isposa. Il matrimonio si sarebbe fatto senza dubbio, ma l’arrivo