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Egli protestava, contando le monete con le sue dita nere.

— Lei sta bene, qui seduta nella sua scranna come una regina, ma lo so io quanto costa adesso il ferro, con la guerra!

— Sei diventato avaro, Michele Sanna! Vuoi arricchire?

— E le imposte che pago? E quell’altra imposta di mio figlio? Io, almeno, non avrò fatto molto onore ai miei genitori, ma spese non ne davo. Vossignoria mi darà un altro franco.

— Come sta il tuo ragazzo? — domandò la nonna. — Ti darà spese, sì, ma ti farà onore.

— Chi ne sa niente? — egli disse contrariato; — l’onore servirà per lui, le spese le ho io, e so io come tutto costa, adesso, con la guerra. Dunque quest’altro franco non me lo dà? Lo metteremo in conto per un’altra volta. Sì, — disse poi, buttandosi le monete dentro l’apertura della camicia, — Gioele verrà per Pasqua.

Annarosa, in piedi presso la tavola, ebbe l’impressione ch’egli si volgesse a guardarla: arrossì e fuggì via anche di lì, spinta da un senso di gioia e di umiliazione.

— È inutile che torni; è inutile, — diceva ad alta voce, correndo giù per l’orto