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vole; come nelle case di città. Là dunque si poteva far ritirare anche zio Juanniccu, poichè anche lui cominciava a rimbambirsi e sragionava continuamente.

Fatti bene i suoi calcoli, Agostino chiuse il pugno e sentì che la matrigna continuava a parlare di Stefene:

— Buono è, buono molto.

— È come una femmina, — egli disse allora, sollevando e lasciando cadere la sua mano sulla tavola. — Tu ne farai quel che vorrai, sorella.

Allora vi fu un momento di silenzio, quasi di stupore. Finalmente la cosa da tutti pensata era stata detta: e tutti si stupivano di non aver avuto il coraggio di dirla prima. Agostino aggiunse, per metter le cose a posto:

— Ricco anche è, Stefene, ma la razza della sua famiglia non è poi delle più buone. Ce ne sono di migliori. Il nonno, poi, è morto in campagna come un pastore; e pastore era. Ma non importa; adesso non si bada più a queste cose. Quello che conta è il talento e l’onestà.

— Oh, e il denaro no? — osò osservare Mikedda.

Ma il padroncino Agostino si volse a lei inferocito.

— Sta nel tuo angolo, tu, tarantola!