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tolato nel cestino, e s’indugiava ad accarezzare la bestia, guardando il cielo sopra i vetri. Una smania di uscire, di correre giù almeno per l’orto l’agitava; ma ad ogni suo movimento vedeva la nonna socchiudere gli occhi e spiarla. Finalmente qualcuno picchiò alla porta. Era la vicina di casa che badava alla moglie malata del contadino.

— Signora Annarosa, — disse sottovoce, — per carità, non lasci più venire da zio Taneddu la sua serva. È già la terza volta che viene e dà da bere alla malata. E il dottore non vuole. Poi mi dia un cero, per carità; la malata muore.

— E allora perchè non la lasciate bere, se ha sete?

— Perchè il dottore non vuole.

« Ecco — pensò Annarosa andando a prendere il cero — fino all’estremo bisogna rinunciare anche all’acqua ».


Al cader della sera uno dopo l’altro rientrarono tutti. Prima Mikedda, che fu subito mandata di nuovo fuori in cerca di Gavino; poi questo, che sgattaiolò lungo la parete e andò a nascondersi per non essere sgridato; infine Agostino con la

Deledda, L’incendio nell’oliveto. 6