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e il sole fra le nubi spaccate mandava un improvviso splendore fin dentro il pozzo melanconico. La nonna si volgeva a guardare, e fu quasi con gioia che disse al nipote, mentr’egli si toglieva il cappotto e lo attaccava al chiodo presso il camino:

— Paschedda Mura è morta!

Agostino era però un ragazzo serio: non si rallegrava, no, neppure nascostamente, della notizia; la morte è una cosa che bisogna rispettare.

Anzitutto si informò gravemente se la colazione mandata in casa di zio Predu Mura era buona e abbondante, e se c’era anche il vino.

— Tutto, tutto, Agostineddu mio!

La nonna lo guardava con tenerezza e ammirazione. Era Tunica persona del mondo, Agostineddu suo, davanti alla quale ella si toglieva la sua maschera di severità e di forza. Si trasformava, diventava bella, quasi civettuola. Il passo del cavallo, ch’ella sentiva di lontano, il rumore che Agostino faceva nello smontare di sella battendo la scarpa sul selciato del cortile, il suo grido per scostare il cavallo e infine il suo entrare in casa, le davano ogni volta un’emozione profonda; le ricordavano quando il suo giovane marito tornava così dal podere, nei primi anni