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suo carro carico di olive, seguìto a poca distanza dal padroncino Agostino.
Allora si strinse contro il muro, tenendosi con ambe le mani il cestino fermo sul capo, e quando il contadino le passò davanti spingendo i suoi grossi buoi neri, gli sorrìse.
— Zio Taneddu mio! Sono stata da moglie vostra e le ho dato da bere. La vicina non voleva, ma vostra moglie aveva sete. Zio Taneddu mio!
Il contadino la guardò appena, coi piccoli occhi volpini, senza capire l’improvvisa tenerezza di lei, ed ella non insistè, perchè sopraggiungeva il padroncino Agostino.
Rigido sul suo cavallo baio, che aveva una faccia biancastra quasi umana e gli occhi pensierosi sotto i ciuffi della criniera bagnata, il padroncino Agostino volgeva qua e là lentamente i grandi occhi scuri e umidi che rassomigliavano a quelli del cavallo. Il viso bruno scarno, annerito dalla barba nascente, pareva, nel cerchio del cappuccio nero, quello di un pastore; ma di sotto le falde del lungo cappotto apparivano i calzoni scuri e le scarpe elastiche del proprietario borghese.
Si fermò un attimo davanti a Mikedda guardando il cestino, e aggrottò le soprac-