Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 65 — |
Il ramo si lasciava battere, sulla sua ferita gialla, mentre ella brontolava a mezza voce come la vecchia padrona:
— Voglio anch’io maritarmi; in coscienza, se lo voglio, un uomo non lo trovo? Vorrei trovarlo ricco, però, per far dispetto a qualcuno. Se guardassi zio Predu? Bello! Quello mi mette dentro la sua pipa!
Arrossì e si mise a ridere, bevendosi le sue lagrime; sollevò il ramo scricchiolante e lo finì di spezzare sul suo ginocchio; poi rientrò e mise la caffettiera sul fuoco, indugiandosi a pensare chi poteva scegliere per marito. Ma le venivano in mente gli uomini più ridicoli del mondo. D’un tratto si mise a ridere così forte che dovette chiudersi la bocca con la mano perchè la padrona non sentisse.
Pensava al padrone Juanniccu.
La vecchia la sollecitava.
— Ma va a chiamare Annarosa. Non capisco perchè tu non debba mai obbedire. Sai che bisogna anche preparare la colazione da portare là. E questo caffè, che sia forte e abbondante; versalo nella caffettiera di rame, perchè caffettiere d’argento noi non ne abbiamo come ne hanno loro. E tu, anima mia; cammina per la via giusta; vedi come ce ne andiamo sul più
Deledda, L’incendio nell’oliveto. | 5 |