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Ma qualcuno saliva le scale ed ella nascose la lettera sotto il capezzale; tutto intorno fu di nuovo penombra.

Seduta sul suo lettuccio, piccolo e basso e come smarrito nella vastità della camera, intorno alla quale, come nel piano di sotto, si aprivano gli usci delle altre stanze, aspettò pazientemente che tutti si fossero ritirati.

Nella cameretta attigua si sentiva Mikedda mormorare, spogliandosi al buio, uno scongiuro contro le tentazioni. Era una specie di discussione fra il diavolo che picchiava alla porta e san Martino che difendeva gli abitanti della casa: la voce della serva si faceva esile nell’imitare quella del santo e rauca quando ripeteva le parole del demonio; e quando questo, pure sbuffando e scalpitando, dovette andarsene, ella singhiozzò tutta turbata; poi tacque, poi si stese sul suo letto e sbadigliò.

Allora Annarosa allungò la mano sotto il guanciale e cominciò a trarre la lettera, piano, piano, trascinandola come un corpo pesante; se la rimise in grembo, la guardò con tenerezza e con paura, come si guarda un moribondo; piano piano come per non farla soffrire, lacerò la busta: e non osò sollevare i foglietti ma vi si piegò