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aspettare Mikedda, s’appoggia alla parete, tanto trema: trema, ma le pare che sia il muro della sua vecchia casa a oscillare sulle fondamenta e che lei sola con le sue spalle sottili lo regga.

Dalla lunetta a vetri della porta di strada piove un barlume di crepuscolo e di luna nuova; e la figurina di Mikedda che scivola silenziosa lungo la parete traendosi dal seno una lettera, le appare, in quel chiarore glauco, come l’ombra stessa del suo sogno. Prende esitando la lettera, ma subito intravede sulla busta i francobolli: dunque Gioele non è tornato. E corre nella sua camera respirando all’idea che il pericolo di rivederlo è, almeno per il momento, evitato. Ma che accade? Ella siede sul suo lettuccio, con la lettera sul grembo, e la busta bianca comincia a rischiarare con una luminosità iridata la grande camera triste: i vecchi mobili sembrano rimessi a nuovo, lustrati dalla luna, con gli spigoli lucenti, le borchie divenute d’argento; fiori fantastici tremolano sulle pareti; fuori dei vetri brilla un paesaggio leggendario, con montagne azzurre e alberi d’oro, e le vibrazioni dell’incudine del fabbro squillano argentine, nel silenzio puro della sera, come i rintocchi d’una campana.