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di laggiù dallo stradale, con le case in alto, dava l’idea d’un piccolo bastione.

L’angolo estremo terminava a punta, come la prua d’un bastimento, e guardava sulla valle e sui monti, divisi, l’una dagli altri, solo dalla linea serpeggiante dello stradone, i parapetti del quale, costrutti con macigni, scendevano a picco sui burroni, in alcuni punti così alti che parevano muraglie di fortificazioni.

In fondo la valle s’apriva su valli più ampie che scendevano al mare.

Affacciata sul muro Annarosa aveva l’impressione di vedere davvero il mare, tra i vapori dell’orizzonte. Nuvole fitte, chiare, ondeggianti, salivano di laggiù, invadendo il cielo di un azzurro cupo; ma si sentiva già un alito dolce, nell’aria che odorava di erba nascente. Le chine della valle coperte di ulivi apparivano più argentee del solito, e i cavalli al pascolo, fra i lentischi sulle prime falde del monte, nitrivano come fosse già di primavera. Ma i mandorli erano ancor neri e i boschi sull’alto dei monti conservavano il verde tetro invernale.

Quell’ondulare di nubi, di azzurro e di grigio, quella promessa di primavera, si rifletteva negli occhi di Annarosa. Le veniva voglia di cantare o di mettersi a