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l’aria contro la vegetazione, dopo i loro amori nel tempo dolce passato. Eserciti di nuvole marciano sull’orizzonte, ai comandi del vento, lanciando le loro pioggie implacabili e la grandine e la neve sulla montagna che ne piange tutta coi suoi torrenti.

I boschi si piegano rombando una cupa protesta. Ma la montagna resiste, pure piangendo; e i torrenti riportano l’acqua al mare, e i profili delle roccie incisi sul grigiore dell’orizzonte hanno un sogghigno di sfida, una fermezza di mostri invincibili. E la notte passa, ma neppure la luce del giorno riesce a mettere d’accordo gli elementi che pare si debbano odiare in eterno.

Invece l’uomo seduto davanti al camino sa che tutto è destinato a passare; si placherà il vento, tacerà il bosco stanco; ritornerà la quiete, ritornerà la tempesta e di nuovo la quiete ancora; tutto sta ad aspettare, fermi come la radice della montagna, senza dare troppa importanza alle cose che succedono fuori di noi: fermi, tranquilli, intendendo tutto e spiegandoci tutto.