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nonna erano tutte vere; erano la verità stessa. E quella sua immobilità, nel silenzio e nella solitudine della stanza quasi povera, quella sua pesantezza di bronzo, e l’aureola del fuoco le davano un aspetto di idolo domestico.
Ma appena si rivide la fanciulla accanto ricominciò a brontolare.
— Tua madre tarda. Buona è, Nina, ma è sempre come una ragazza; si distrae ad ogni mosca che vola. E adesso ecco che non si ricorda di tornare ed è quasi notte.
— L’avete mandata voi, perchè mandarla?
— Come? Non dovevo mandarla a visitare una parente malata? Cristiani siamo: ma tu oggi parli come una giudea.
— Poteva andare domani; non morrà stanotte zia Paschedda; forse neppure quest’inverno!
— Dio lo voglia; ma intanto è grave, e la presenza di tua madre è necessaria, in quella casa.
— Perchè necessaria? — ribattè Annarosa, senza muoversi, senza agitarsi, ma con voce turbata. — Perchè? Siamo parenti, ma loro sono ricchi e si sono tenuti sempre lontani da noi: sempre ci hanno fatto sentire la nostra umiltà. Pare