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vole come fatti di neve e abbattuti dal vento.

Annarosa guardava e pareva calma, intenta solo alle cose di fuori. Vedeva sotto la finestra l’orto grigio, a scaglioni, che scendeva fino allo stradone della valle. Al chiarore glauco del crepuscolo i cardi, i cavoli, le parietarie che coprivano i muri di sostegno, prendevano un colore metallico, e ogni foglia, ogni stelo si agitava al vento. Tutto soffriva, anche nella natura; e questo le dava un cattivo conforto.

D’un tratto spalancò la finestra e vi si sporse: un ondata di vento le battè sul viso, il rumore del torrente della valle balzò fin dentro la stanza da pranzo.

— Annarosa! — gridò la nonna.

Ella chiuse la finestra e tornò ad appoggiarsi ai vetri. L’ombra saliva dalla valle, piccole stelle rossastre apparivano ancora incerte fra le creste basse dei monti, come scintille sprizzanti dal granito percosso dal vento.

Una nota di chitarra tremolò in lontananza. Illusione? Forse una corda del telegrafo che vibrava al vento. Ma a lei pareva proprio di chitarra, e che scendesse di lassù dagli scogli dei monti, gettata dal vento, quella nota che le riaffer-