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davanti alla quale, al chiarone dell’incendio, zio Saba vigilava come la figura stessa, deforme e sorda, del dolore.

E le pareva che il vecchio le impedisse di entrare nella capanna, per non lasciarle vedere lo zio; ma era lei stessa che aveva paura di vederlo. Eppure egli era lì, davanti ai suoi occhi chiusi, come la serva lo aveva descritto, col viso bendato, il corpo ricoperto di foglie, appassite come su un ramo bruciato dal sole: e intorno a lui il paesaggio di fuoco, l’orizzonte incoronato di nuvole di fumo, il viso della luna che appariva e spariva fra quei vapori apocalittici come quello di un naufrago in un mare agitato.

E non sapeva perchè, ella ricordava il rombo grave dell’organo in chiesa, nei giorni della passione di Gesù.

Il passo lieve della matrigna la richiamò dalla triste allucinazione. Guardò. La matrigna era al suo posto, fra il letto e la parete, come non si fosse mai mossa. Solo si allargava il fazzoletto sul mento e faceva un lieve cenno con la testa per significare che tutto era andato bene.

Infatti pochi momenti dopo arrivò Stefano. Entrò come al solito, col suo passo calmo, il viso pallido e quieto, come quando arrivava per le sue visite di fidanzato.