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e, sopra, una nuvola nera, che oscurava anche il sole. I contadini gridavano, accorrendo da tutte le parti: i cavalli e i cani, invece, fuggivano. Il padroncino Agostino m’apparve, tutto nero, grondante sudore, con in mano la scure per tagliare le piante. Aveva gli occhi come un pazzo. Aveva mandato un ragazzo a prendere il cavallo e correre qui per dare la notizia; non appena mi vide gridò: va tu, subito, ad avvertire in casa, che venga giù un dottore con qualche unguento per medicare zio Juanniccu. — E il ragazzo lo mise a tagliare le piante. Ma io non ho voluto ripartire prima di vedere il padrone Juanniccu. È nella capanna di zio Saba, il quale non voleva lasciarmi entrare: io mi inginocchiai piangendo, e vidi il mio povero padrone steso sulle foglie; ha il viso bendato e non parla, non si lamenta: zio Saba l’ha unto con olio e avvolto con foglie fresche e con stracci. Non ha più capelli nè barba e alle sue vesti bruciate sono appiccicati brani di pelle. No, no, non voglio più parlarne, non voglio più ricordarlo.... — ella gemette nascondendosi il viso coi capelli.

— Adesso è cotto davvero, — mi disse zio Saba, spingendomi fuori; poi mi disse: — senza di me egli moriva nel fuoco come