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verdoline e violacee lucenti come perle e bisogna sveltirsi a raccoglierle dalla terra fredda. Quando il cestino ne è colmo si va a vuotarlo entro la casetta, ove ce n’è già un bel mucchio. Il padroncino l’aiuta a sollevare e mettere il cestino sulla testa, e lei sta là tutta tesa nell’atto di sostenere con ambe le mani il suo carico, con la speranza e la paura che Agostino voglia darle un bacio; poi corre nella casetta nascosta fra gli olivi in cima al podere, e senza togliersi di testa il cestino versa dall’alto, sul mucchio, le olive: alcune le rotolano sul viso e le dànno un brivido come fossero grosse goccie d’acqua. Dopo essersi indugiata nel gioco, s’affretta a uscire perchè già sente il passo di Agostino ed ha paura di essere sgridata. Egli infatti la sgrida rincorrendola come per picchiarla; ma lei pensa, che se riesce a prenderla forse la bacierà, e gli butta il cestino contro gridando:
— Lo dirò a nonna sua, se mi tocca!
Il grido basta per salvarla, per salvarli tutti e due. E vanno lontani uno dall’altro a cogliere le olive, come separati dal vento.
Il rumore della porta che si spalancava e si sbatteva più forte di quando l’aveva spinta il vento, fece trasalire le tre donne