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primo giro di volo ricade stordito nel nido.
Dall’altro lato la matrigna tentava invano di far prendere qualche cucchiaino di latte alla nonna: questa non diceva di no, non si muoveva più, ma lasciava che il latte le colasse giù dalla bocca lungo il mento fino al petto. La nuora rasciugò col suo grembiale, poi si lasciò anche lei cader seduta sulla pietra del focolare, con la scodella in grembo, sospirando. Era stanca, era vinta anche lei.
E stettero lì, le due donne giovani, stroncate dal loro dolore, ai piedi del vecchio tronco, come due rami divelti.
E quel tramonto che non finiva mai, che scendeva sulla loro casa come una notte polare, col sole basso che non doveva mai sparire e mai risalire sull’orizzonte, e la cui luce rosea, d’un roseo freddo, fermo, desolato, era più tetra d’ogni tenebra! Venisse la notte, e dopo la notte un altro giorno, e la fine dell’attesa e l’oblìo!
Invece si aspetta ancora, pure sapendo che tutto è finito. Lo stesso gattino, immobile sullo spigolo della tavola, fissa i vetri riflettendo negli occhi verdi quel chiarore triste di orizzonte marino. Nessuno arriva. Una solitudine d’isola deserto