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e della famiglia. Così, invece, lei poteva anche mettersi a far l’amore con un altro, tirarselo in casa, sciupare la roba.

La guardò. Ella s’era seduta sulla cassa e pareva ne volesse già fare la guardia, pronta a tutto pur di difendere la roba di lui: ed egli si sentì un po’ rassicurato.

Sospirò; trasse la chiave della cassa, la guardò, sospirò ancora: aveva giurato di non consegnarla mai a nessuno se non si sposava una seconda volta. E Mikedda lo sapeva; e arrossì di gioia e di pena quando egli d’ improvviso le gettò in grembo la chiave.

In quel momento intese ch’egli doveva partire davvero e forse mai più tornare; si alzò, dunque, e le parve di salutarlo per l’ultima volta.

— Vi giuro che nulla mancherà di casa vostra: come lasciate troverete.

Allora egli l’afferrò e cominciò a baciarla, con gli occhi che gli brillavano un po’ cattivi, un po’ dolci.

— Cosa devi far mancare se tutto è tuo? Che io torni o non torni, tutto è tuo, tortora.

— È nostro, è nostro.... — ripeteva lei a occhi chiusi, ubriacata dai baci di lui.

E gli si abbandonava senza resistenza