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e vi si accovacciò davanti, sfiorando con un dito i contorni di un pomo nero; poi stette immobile, con le mani sul grembo, e pareva piegata a pregare come davanti a un sarcofago che contenesse i resti dei suoi antenati e di quelli del suo sposo. Infine si alzò e sbadigliò. Cominciava ad annoiarsi. S’arrampicò al finestrino e vide i monti tutti nel sole, coi boschi verdi fra il grigio del granito; e giù l’orto de’ suoi padroni battuto dal vento; ma tosto si ritrasse spaurita e si nascose: Gavino, arrampicato su un albero, l’aveva veduta.

E dopo qualche momento il ragazzo batteva alla porta. Non c’era altra via di scampo che aprirgli. Gli aprì, dunque, ed egli, dopo aver visitato ogni angolo della casa, cercando il contadino, propose di aprire la cassa, poichè una volta, vivendo l’antica padrona, là dentro aveva veduto delle mele cotogne.

— Posso andare a prendere delle chiavi in casa.

Mikedda sedette sulla cassa per difenderla, sebbene fosse chiusa e le chiavi le avesse il contadino. Allora Gavino minacciò di andare a riferire alla nonna ch’ella era lì e non al podere.

— Ah, non mi uccidere! È una cosa

Deledda, L’incendio nell’oliveto. 17