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ha un piede solo. È facile a riconoscersi, la sua traccia! Ha ripulito, sotto gli olivi; dove passa lui pare passino le locuste. Allora il padroncino Agostino (il suo viso delicato di bambina diventava rigido di rispetto e di ammirazione, quando si nominava il padroncino Agostino) ha deciso di passare giù la notte al podere per guadare le olive. Quelle che erano per terra le abbiamo raccolte tutte, fino all’ultima. C’era un vento che entrava in corpo come un diavolo; ma lui, il padroncino Agostino, non ha sollevato un momento la schiena finchè non ha veduto gli spiazzi puliti come questo pavimento. E mi pungeva con una fronda per sollecitarmi. In coscienza mia, quell’uomo vuol diventare ricco prima del tempo.

— Lavorare bisogna, Mikedda mia — disse la vecchia padrona.

— Domani, dunque, bisogna mandare giù un carro, per portar su le olive. Sono entrata qui da zio Taneddu e l’ho avvertito. Ha la moglie malata, ma andrà lo stesso. Lavorare bisogna! — concluse pensierosa Mikedda, sfregandosi una mano con la palma dell’altra.

La vecchia padrona si informò che malattia aveva la moglie di zio Taneddu. Erano, marito e moglie, i più prossimi