Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 246 — |
pure non è lo stesso maledetto zio Saba, quel diavolo ad una gamba, sebbene si finga buon vicino. Ebbene, dissi a zio Juanniccu, e venite almeno a far da cane laggiù. Credevo non mi desse ascolto; ma ieri mattina me lo ritrovo nello stradone, avviato a piedi laggiù; aveva smaltito la sbornia di avant’ieri e pare voglia mettere giudizio. Mi ha aiutato a ripulire gli olivi, a tagliare i rami morti; anzi ne abbiamo fatto una catasta che Taneddu verrà poi a portar su col carro. Adesso tornerò laggiù, gli porterò del vino e sarà contento come un papa. Desidero anche del chinino perchè ho paura delle febbri. Voi ne dovete avere, mamma.
La matrigna andò subito nella camera attigua a cercare il chinino. La nonna guardava Agostino con gli occhi cavernosi.
— Agostino, cos’hai fatto a tuo zio?
— Nulla, nonna; vi dico com’è stato.
— Tu non mi dici la verità: tu gli hai fatto del male.
Agostino parve turbarsi, più che per le parole, per lo sguardo di lei. Tentò volgere altrove gli occhi, disse con forza:
— Perchè dovevo fargli del male?
— Da avant’ieri sera il demonio è penetrato in questa casa e ci travolge tutti: