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chio, — dubiti di me perchè sei stata capace tu, di tradimento. La sera di Pasqua sei uscita sulla porta, per vedere l’altro, mentre avevi appena accettato il dono di fidanzata. Io ti ho veduto, Annarosa; e avrei potuto sollevare gli occhi e guardare senza rimorso, in quel momento, l’uomo che ingannavi. E invece ho pensato che io ero al posto di tua madre, Annarosa; e sono uscita nella strada, appena tu sei rientrata, e ho raggiunto Gioele.

Annarosa sollevò la testa e s’irrigidì tutta: la matrigna la sentì come assottigliarsi e allungarsi fra le sue mani.

— Raggiunto l’ho, e gli ho parlato come ad un figlio, come parlo a te adesso. Gioele, gli dissi, vattene; Annarosa è seduta presso l’uomo del quale ha accettato la fede. Tu sei un ragazzo ancora, ma hai la coscienza d’un uomo; Annarosa non può essere tua. Ed egli mi promise di andarsene, di non cercarti più. Annarosa, s’io volevo tradirti con l’altro, potevo fare così?

— Voi mi avevate già tradito, — disse Annarosa.

Allora la matrigna le appoggiò la fronte sulla spalla e pianse. Quell’abbandono, quei singhiozzi quasi virili, scossero Annarosa fino alle radici dell’anima.