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La nonna sollevò gli occhi e le guardò, prima l’una e poi l’altra, con uno sguardo nuovo in lei, fisso eppure vago, come stentasse a riconoscerle: poi abbassò la testa e ricominciò a passarsi l’indice della mano sana sulle vene della mano inerte.

Tentarono di sollevarla. Invano. Pareva una statua di bronzo. Tentarono, con più forza. Allora ella diede un grido che le fece irrigidire.

— Non mi toccate! — impose.

— Nonna! — supplicò Annarosa, accostandole il viso al viso.

Ma la nonna si volgeva in là, con un moto di repulsione.

— Vattene, non mi toccare, tu. Sei fuori della legge di Dio e non hai più parenti, tu. Dubiti della tua stessa madre, tu.

— Sì, questo è lo scettro che mi date, — aggiunse, respingendo la canna che la nuora tentava di rimetterle in mano. — Come a Cristo: per burlarvi di me. Vattene via anche tu. Eri un’orfana e ti ho accolta come la vipera nel nido, per morderci tutti.

La donna si sollevò, coprendosi gli occhi con una mano; con l’altra fece cenno ad Annarosa di andarsene, di tacere.

Ma neppure il loro silenzio placava la nonna; e qualche cosa di minaccioso e