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d’ira la canna e la battè sulla pietra del camino: così zio Predu aveva battuto il suo bastone. Annarosa però respirava già di sollievo.
— Nonna, non vi arrabbiate, — disse, fermandole il polso, e chinandosi a parlare sottovoce. — È così. Sono io che l’ho mandato via. Sono io che non voglio più sposarlo.
E le fermò più forte il polso perchè la sentiva tremare tutta e vedeva la sua bocca torcersi e gli occhi spalancarsi nel viso convulso. La nonna però la respinse e cominciò a gridare:
— Sono io che devo decidere, non tu, no! E quella faccia dura di Stefano deve parlare con me, prima di ascoltarti. E se ne è andato così, senza dirmi niente! Ha creduto di scivolare lungo il muro? E anche il padre, il vecchio tronco, deve parlare con me. Sono qua.... Sono qua io.
La sua voce risuonava rauca, forte: una voce che Annarosa non le aveva mai sentito e che la spaventava. E il suo spavento crebbe per i movimenti convulsi che la nonna faceva tentando di alzarsi.
— Nonna, che fate? Nonna mia!
Si protese su lei, la cinse con le braccia, per tenerla ferma, le abbandonò il viso sul grembo e scoppiò in un pianto