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reva un cero spento: doveva però indovinare la pena di Annarosa e aspettare ch’ella parlasse, perchè d’un tratto s’impazientì e cominciò a passare l’indice della mano sana sulle vene della mano inerte, come seguendo così un suo pensiero. Si volse, vide che anche Mikedda era uscita nel cortile.

— È andato via presto, oggi, Stefano, — disse allora con la voce grossa dei cattivi momenti; — bisticciati vi siete? Aveva un brutto viso. E tu non l’accompagnavi.

— Bisticciati ci siamo, sì. La colpa è stata mia; anche lui però è nervoso. Bisognava bisticciarsi pure, una volta o l’altra. Nonna....

Si fermò. Sentiva il suono falso della sua voce e le pareva di aggrapparsi alle sue parole come a dei frantumi nuotanti che le sfuggivano di mano. Il pianto la soffocava, più amaro dell’acqua del mare; ma non voleva andare a fondo, no; si scosse tutta, come facendo davvero un ultimo sforzo per salvarsi, e non guardò più in là. Che importa se ascoltano? Il suo segreto ormai appartiene a tutti.

— Nonna, la promessa di matrimonio è rotta.

La nonna aspettava queste parole; eppure afferrò con un improvviso movimento